Dezzie86 ha scritto
Per concludere, come già detto varie volte con Melusina (a proposito, aspetto un tuo intervento, Mel, su questa affascinante discussione

)
io sono convinto che Destino e Libero Arbitrio coincidano. Attraverso le nostre libere scelte andiamo a compiere quel Destino che Qualcuno o Qualcosa ha già scritto.
Una discussione davvero affascinante Dezzie, come sempre mi è apparso questo topic, sperando che Iskander si riunisca a noi.
E la mia idea rimane la stessa e simile alla tua. Infatti, sono sempre più convinta che
destino e libero arbitrio coincidano e a questo proposito riprendo un attimo quanto ho già espresso nel mio Topic sulla filosofia orientale,
Kharma, Dharma e Samsara, perché penso che il concetto di “destino” che hanno gli orientali sia adatto ad esprimere al meglio questo “coincidere”.
Per gli orientali, il Dharma è
il progetto individuale di vita, che deve essere inserito in un progetto collettivo di tensione spirituale, a tal punto che il percorso di evoluzione della coscienza individuale s’incrocia con quello dettato da un disegno universale dove il singolo non è in rapporto solo a se stesso e ai suoi interessi più ristretti, ma anche alla collettività, all’ambiente, al pianeta e al cosmo. Insomma, ritorniamo sul concetto del “
Tutto è uno”.
Ecco perché gli orientali parlano di
Legge cosmica del Creato in cui ogni creatura vivente ha un ruolo ben preciso, che nessuno può occupare al posto suo. A questo proposito riporto cosa scrive
Osho, teologo e maestro indiano, creatore della così detta “illuminazione spirituale”:
“
Non esisti in quanto frutto del caso. L’Esistenza ha bisogno di te. Senza di te nell’Esistenza mancherebbe qualcosa e nessuno potrebbe sostituirlo. Questo deve darti dignità poiché devi sentirti in relazione con il Tutto, che si prenderà cura di te. Allorché sarai limpido e pulito nei pensieri, vedrai riversarsi in te da tutte le dimensioni un amore sconfinato”.Addirittura, secondo il Tantrismo tibetano, ogni singola esistenza diventa un sentiero da percorrere in cui è solo grazie all’intreccio con altri sentieri e quindi con altre esistenze (le
connections di cui si è parlato di tanto in tanto nel forum) che si può acquistare sempre più consapevolezza del proprio valore individuale, del proprio ruolo terreno e spirituale che permette di partecipare così attivamente al principio divino.
In conclusione, gli orientali non credono nel destino così come lo intendiamo noi occidentali ma nella scelta individuale che va inquadrata in un ‘ottica più ampia di appartenenza ad un
Tutto che ha le sue regole e le sue leggi etiche e spirituali da rispettare.
Per gli orientali è impensabile pensare che operare male nella propria sfera più ristretta non incida poi a livello collettivo e che se si combattono guerre in paesi lontani, noi stessi non ne risentiamo o che non ne risenta anche l’eschimese più isolato che vive tranquillo nel suo igloo, anche se apparentemente non ne sembra toccato.
Quindi, questa Legge Universale non opera solo all’esterno ma anche all’interno dell’individuo stesso che è spinto così in prima persona ad allinearsi a questo principio superiore.
E’ lui stesso che vuole compiere un percorso di miglioramento interiore e non una volontà esterna, una religione posta fuori di lui che gli dà le regole o i dogmi a cui si deve uniformare.
Nella filosofia Zen, per esempio, uno degli aspetti fondamentali del Buddismo, non c’è l’adorazione di divinità, né vengono ammessi concetti come peccato o colpa, ma solo la libera scelta dell’individuo da vivere nella pienezza del momento, con coscienza e rispetto di questo disegno superiore, che però è anche il suo, anche se lui non lo sa (e qui mi vengono in mente le parole di Locke sulla inconsapevolezza di Jack).
A questo punto non ci può essere un “destino” capriccioso e volubile che opera nel creato a suo insindacabile giudizio e senza la partecipazione della “creatura” stessa; c’è invece un
tracciato (in un mio intervento avevo parlato di compito in classe) e soprattutto come dice Legolas
c’è un tempo in cui operare al meglio non solo per sé ma per il compiersi di questo progetto collettivo di elevazione spirituale di tutta l’umanità.
Quando la Hawking parla a Desmond del suo “destino” infatti, gli dice che lui andrà sull’Isola non perché sceglierà di farlo, ma perché “
is supposed to do it”, chiaramente significando che il destino personale va oltre la volontà cosciente dell’individuo.
Non so se sono riuscita ad esprimermi con chiarezza, anzi mi scuso per la lunghezza del post, ma non è facile nemmeno per me comprendere e soprattutto rendere chiaro questo pensiero; e allora provo ad esprimerlo con una metafora, come mi piace tanto fare:
Ammettiamo che l’Ordine Universale che regola l’Ordine individuale di ogni creatura vivente sia come un
puzzle dove ci sono tante tessere che concorrono al disegno finale:
sono tutte importanti e tutte con un pezzetto di disegno da illustrare, indispesabile perché possa delinearsi
il grande disegno finale (un po’ come il nostro forum, dove tutti concorrono con le personali e specifiche qualità ad arricchire e a rendere più bello il forum

).
Così l’umanità, fatta di individui che operano a livello personale, con la loro volontà, con le loro intenzioni e con le loro scelte, che a quel punto incideranno
su tutto il collettivo, potrà concorrere al disegno finale ed
avanzare o regredire sulla strada evolutiva (forse quella di cui parla Faraday), che non riguarderà più solo il singolo ma tutta l’umanità.
E' interessante notare come per gli orientali non è l’evento che va verso l’individuo ma
è l’individuo che va verso l’evento perché sarà lui stesso – con le sue scelte - a metterlo in moto. Quando Jack viene tradito da Sarah, per esempio, non gli è capitato “da fuori” questo evento, ma è Jack stesso che, con i suoi comportamenti, giusti o sbagliati non sto a giudicare, ha operato per farlo capitare. E di esempi simili in LOST se ne possono fare a mille.
Quindi io credo che il messaggio
spirituale contenuto in LOST (tra i tanti messaggi contenuti), se vogliamo concedere che il team di creativi si sia ispirato
anche alle filosofie orientali, sia che i nostri sono stati portati sull’Isola
per migliorare alcuni atteggiamenti e comportamenti che dovevano cambiare non solo nei confronti degli altri ma prima di tutto nei confronti di se stessi.
Finchè non riusciranno in questo scopo,
non potranno lasciare l’Isola, tant’è che sono costretti a tornarci per rimettere in moto esperienze simili già vissute (e cioè la personale traccia individuale: “Make your own kind of music”) che, a questo punto,
loro stessi determineranno di volta in volta, nella specifica esperienza che stanno vivendo, con le nuove scelte che compiranno e di cui forse dovranno prendersi ogni responsabilità.
