Mentre saluto tutto il forum (sono così contenta di "essere tornata a casa"

), ringrazio tanto quanti hanno apprezzato il mio studio sulla Sacerdotessa; nelle belle parole che mi avete detto, ho sentito che avete colto appieno la passione con cui lo ho condotto e che mi anima sempre quando parlo e scrivo di LOST.
Adesso vorrei riprendere alcune riflessioni che avete fatto, a cominciare da quello che dice penny in questo punto preciso del suo post:
penny ha scritto
In realtà ora sappiamo che le azioni del passato (per esempio i Losties che vivono in epoca Dharma) sono influenzate dal futuro.
Inevitabilmente tutto questo dà alla storia un senso di "predestinazione" ma noi sappiamo che quello che avviene sull'isola è il risultato delle scelte individuali compiute dai personaggi nei vari momenti in maniera assolutamente autonoma.
Tutti i personaggi vivono gli eventi godendo della libertà di fare o non fare...(libero arbitrio)
Ecco, io penso che nell’espressione “
nei vari momenti” ci possa essere una delle spiegazioni al conflitto
destino/libero arbitrio proposto dal topic.
E cioè ho sempre pensato che in LOST sia fondamentale il
punto di vista da cui si guarda la scena, il
qui ed ora di quel preciso momento dell'esperienza che si sta vivendo.
Non ci dimentichiamo che questo è un concetto, addirittura una filosofia fondamentale in LOST; se torniamo indietro alla Terza Stagione che è prossima all’esame della Maratona, il momento specifico in cui cade l’aereo verrà ripreso da tre diversi punti di vista (Ben e Juliet; Juliet da sola (mi sembra) e poi Goodwin); ma non ci viene riportato solo l’evento in sé, ma anche quello che ha causato la re-azione all’evento da parte di chi lo osservava, come a dire che il punto di vista personale (a mio avviso espresso in maniera mirabile nell’espediente dell'occhio) ma anche la libera scelta del momento, in LOST sia fondamentale.
Che voglio dire con questo, che il qui ed ora della situazione che vivono di volta in volta i losties, compresi tutti gli sfasamenti temporali in cui vengono trascinati, condiziona inevitabilmente le loro scelte che comunque
restano autonome e libere anche in un contesto temporale ben preciso e soprattutto che non soggiace alla cronologia degli avvenimenti.
Per es. Jack, sempre attento nella sua professione ad aiutare e salvare gli altri, non esita a non operare il piccolo Ben perché sa quello che Ben sarebbe diventato. Ma il fatto che Ben sarebbe diventato quello che poi è diventato non è il
solo motivo per cui Jack non opera il piccolo Ben; abbiamo visto infatti che lui non interviene perché è deluso di non essere mai stato capito da Kate e comunque di non essere riuscito a farsi amare da lei.
E allora mi chiedo, è lo spettro del futuro e di quello che diventerà Ben che condiziona Jack o la delusione che sta sperimentando in
questo presente di non essere riuscito a farsi amare da Kate?
E questo mi porta ancora una volta sul concetto di “
purpose” che voi sapete quanto mi è caro e cioè
l’importanza degli scopi veri per cui i six agiscono in quel momento, più che la consapevolezza di quello che sapevano sarebbe avvenuto nel futuro.
Oddio speriamo di non avere fatto troppi contorcimenti mentali e di essermi spiegata almeno un po’.
Quanto al concetto di “
traccia” con cui Iskander non è d’accordo, voglio servirmi di una similitudine che magari può aiutare a spiegare il mio pensiero, che poi è quello di Dezzie:
destino e libero arbitrio sono la stessa cosa.
Supponiamo che i losties siano degli scolari che vanno a scuola per migliorare (Isola) e che venga affidato loro un compito in classe, con una “traccia” diversa per ognuno, così non copiano

.
Poi CHI gli affida il compito ancora non è così chiaro, ma il compito c’è.
Per es. a Jack viene affidato il compito di prendersi cura dei malati, senza farsi prendere dai deliri dell’ “Io ti salverò”; a Kate viene affidato il compito di impegnarsi e prendersi la responsabilità delle sue scelte senza ricorrere alla fuga; a Sawyer e Sayid viene affidato il compito di imparare ad amare e a farsi amare, magari attraverso il perdono e ad Hugo viene affidato il compito di credere in se stesso, partendo dalla vincita di una lotteria che, proprio per la sfiducia che lui ha in sè, gli causerà un mare di guai. Mi fermo qui ma di esempi ne abbiamo tanti.
Quindi “la traccia”/destino c’è; il compito in classe è dato, ma poi
dipenderà da loro e da loro soltanto come
condurre la partita… dipenderà da loro se preferiranno scegliere di svolgere al meglio quel compito (strada in avanti), oppure solo a metà (strada un pochino in avanti ma solo un po’) oppure consegnare il foglio in bianco (strada all’indietro) e qui Faraday e la "sua" strada docent.
In più, per svolgere questo compito in classe,
avranno un tempo, questo per me è fondamentale:
tutti loro secondo me avranno un tempo prestabilito in cui potranno compiere il loro compito/destino, così come ce l’hanno avuto tutti quelli che sono morti finora.
In questa maniera, quanto più si allineeranno alla traccia migliorandosi, correggendosi ed evolvendo, nel pieno e libero arbitrio delle scelte, quanto più compiranno il loro destino. Che ne dite? Ci può stare?
Beh, adesso mi fermo va, che mi sembra di aver dilagato abbastanza…
